Storia della tequila e come viene prodotta

da | Ott 30, 2019 | Liquori | 0 commenti

A tutti è capitato di bere della tequila, e tutti abbiamo sentito dire almeno una volta: “Non posso più bere la tequila, brutte esperienze”. Questo accade un pò con tutti i liquori o i distillati molto diffusi in effetti.

Bene, partiremo da questo spunto per approfondire cos’è la tequila, da cosa si ricava e come viene prodotta.

Gli inizi della tequila

La tequila è un distillato di origine messicana.

Essa non si ottiene da cereali, frutti tropicali o tuberi, come molti altri tipi di distillati, ma dalla fermentazione e distillazione di una particolare pianta chiamata agave blu, detta anche agave tequilana o maguey, originaria del Messico e molto diffusa in aree con clima tropicale.

Non a caso, il vegetale era già utilizzato dai nativi del posto, prima ancora dell’approdo dei coloni spagnoli.
Per le popolazioni indigene dell’attuale area messicana, l’agave o maguey era considerata una pianta sacra, legata al mito di Mayàhuel, protettrice della stessa.

Da questo vegetale, essi ricavavano la maggior parte di ciò di cui avevano bisogno quotidianamente. L’agave veniva utilizzata per produrre carta, barriere per delimitare proprietà, tessuti ricavati dalle fibre, tegole per i tetti, nonché, vino, aceto, miele, zucchero e molto altro ancora.

Dopo l’introduzione della distillazione dell’agave, si cominciarono a produrre bevande alcoliche che presero il nome di mezcal. Attualmente mezcal e tequila, entrambi derivanti dall’agave, sono prodotti nettamente differenti e si distinguono sia nei metodi di produzione che nel gusto.

La tequila prende il nome dalla località in cui veniva originariamente prodotta, ovvero nell’omonima cittadina appartenente allo stato messicano di Jalisco.

La prima forma di tequila venne prodotta in Messico tra il 1500 ed il 1600, vicino all’attuale città di Tequila, sorta dopo la prima metà del 1600.

Inizialmente, l’antenato della tequila veniva prodotto dagli Aztechi in una variante di una bevanda utilizzata nel corso di cerimonie e feste religiose, conosciuta oggi con il nome di pulque (un distillato messicano che insieme alla tequila è considerato nazionale).

La variante dell’attuale pulque, prodotto dalle popolazioni azteche, veniva chiamato ixtac octli, ovvero il liquore bianco. Esso era ottenuto dalla fermentazione del succo di agave.

Tutto ciò accadde, come già detto, molto tempo prima che arrivassero i conquistadores spagnoli, i quali, una volta insediatisi e terminate le scorte della loro bevanda nazionale (il brandy), cominciarono a distillare l’agave fermentato, ottenendo il primo vero e proprio distillato, originario del Nord America, dapprima prodotto per consumo proprio ed in seguito commercializzato.

Molto tempo più tardi, quasi un secolo dopo la prima distillazione dell’agave fermentata, si cominciò a produrre la tequila in quantità massiccia, in una fabbrica sita nell’attuale stato di Jalisco.

Dapprima, tale produzione di massa, non fu regolamentata da alcuna legge, ne opportunamente tassata. In un secondo momento, invece, il governatore della colonia spagnola in Nuova Galizia, cominciò a tassare la produzione di tequila ed ancora più tardi, il re di Spagna (all’epoca Carlo IV) concesse la prima licenza di produzione e commercializzazione di tale prodotto. Da allora in poi, la produzione di massa affiancata da un’ampia commercializzazione di tequila, cominciò a diffondersi in tutto il territorio.

Invece, la prima esportazione del prodotto avvenne attorno alla fine del 1800, grazie ad un certo Don Cenobio Sauza, che portò la tequila negli Stati Uniti d’America.

La tequila e la sua produzione e distribuzione odierna

Nonostante sia passato più di un secolo da quando il distillato di agave si è affacciato alla produzione e distribuzione di massa, alcuni produttori di tequila, ancora oggi, rimangono a conduzione familiare. Questo, però, non ha ostacolato i marchi più affermati, divenuti proprietà di grandi multinazionali.

Inoltre, le distillerie sparse in tutto il territorio messicano, producono quasi un migliaio di marchi di tequila diversi e per via di questa produzione molto elevata, è stata istituita una particolare norma, detta N.O.M. (Norma Oficial Mexicana), la quale prevede un numero di serie per ogni bottiglia di tequila, tramite il quale è possibile riconoscere la distilleria di produzione.

Per l’esattezza, il marchio Tequila nasce nell’ottobre del 1977 come esclusiva assoluta dello stato messicano. A tal proposito, la produzione di questo distillato è regolata da un particolare organo statale, chiamato C.T.R. (Consejo Regulador del Tequila).

Il Consiglio opera su ordine del Ministro dell’industria e del commercio ed ha il compito di supervisionare la produzione di tequila sotto ogni aspetto, dalla coltivazione e raccolta dell’agave, alla produzione, controllo di qualità, processo di invecchiamento, imbottigliamento, distribuzione ed esportazione della tequila.

Entrando più nel particolare, la qualità della tequila viene confermata solo se prodotta secondo uno specifico standard, ovvero il cosiddetto NOM-006-SCFI-1994, che deve essere, assolutamente indicato sull’etichetta della bottiglia insieme alla sigla del C.T.R. Inoltre, come si vedrà più avanti, una tequila di qualità deve riportare l’indicazione Tequila 100% agave sull’etichetta.

In ambito legislativo, attorno ai primi anni del 2000, il governo messicano, per preservare la qualità della tequila, sosteneva che questa dovesse essere imbottigliata entro i confini territoriali. Tale proposta, non era però stata accettata dai produttori di liquori degli Stati Uniti d’America, i quali replicavano dicendo che il Messico era intenzionato ad adottare tali misure solo ed esclusivamente per mantenere i posti di lavoro nel proprio territorio e che questa proposta avanzata dal governo messicano, non rispettava gli accordi sul commercio internazionale, con la conseguente perdita di posti di lavoro nei maggiori impianti di imbottigliamento statunitensi, tenendo presente che la tequila importata negli USA, fino a quel momento, veniva imbottigliata nei medesimi stabilimenti.

A causa di tale divergenza, qualche anno dopo è stato sottoscritto un accordo, tutt’oggi in vigore, tra Stati Uniti e Messico, il quale prevede l’importazione di fusti di tequila da imbottigliare negli stabilimenti statunitensi e l’individuazione degli imbottigliatori certificati, tramite un apposito registro, chiamato registro degli imbottigliatori di tequila. In tal modo è stato ed è tutt’ora possibile detenere un adeguato controllo sul prodotto esportato.

Gli elementi distintivi della tequila

Riguardo le caratteristiche distintive del tanto apprezzato distillato di agave, va detto che esso è stato istituito come prodotto a Denominazione di Origine Controllata, riconosciuto a livello internazionale. Come già detto, la tequila viene prodotta maggiormente nello stato messicano di Jalisco, ma anche in altre aree specifiche del territorio messicano.

Inoltre, la tequila, per essere considerata tale, deve rispondere a determinati requisiti minimi, ovvero deve, innanzitutto possedere una gradazione alcolica compresa tra i 40 ed i 45 gradi ed essere ottenuta per doppia distillazione. Ovviamente, deve essere prodotta in Messico e deve contenere, almeno il 51% di distillato di agave blu.

Qualche cenno sulla coltivazione dell’agave

Prima di parlare del processo produttivo e della distillazione della tequila, va assolutamente detto che la coltivazione dell’agave è un’esclusiva messicana, sia per motivi climatici, che per la profonda conoscenza da parte dei coltivatori che se ne occupano.

I cosiddetti jimador, adottano metodi manuali e tradizionali nella coltivazione. Conoscono a fondo la pianta e come coltivarla, grazie al sapere tramandato di generazione in generazione. Ogni coltivatore Jimador, sa esattamente quando effettuare la raccolta, che viene fatta tagliando con uno specifico coltello, le foglie della piña (il cuore della pianta di agave, che può raggiungere pesi che vanno dai 70 ai 110 kg).

Infatti, se questa viene raccolta troppo presto, può contenere un quantitativo di carboidrati molto basso, tale da non poter consentire la fermentazione in maniera adeguata. C’è ancora da dire che essenzialmente sono due le zone messicane con differenti condizioni climatiche e di terreno in cui viene coltivata l’agave. Si tratta dei territori delle Highlands e quelli delle Lowlands.

I primi danno vita ad un’agave dalle dimensioni più elevate, che possiede la caratteristica di accumulare zuccheri molto lentamente. Da questa, vengono prodotte tequila dagli aromi fruttati. I territori delle Lowlands, invece, danno origine a piante di agave dalle quali si ottengono tequila dagli aromi più corposi.

Il processo di produzione e distillazione della tequila

È stato già detto che la produzione della tequila avviene per fermentazione e distillazione della pianta di agave tequilana. Per l’esattezza, è la piña ad essere utilizzata nella sua produzione. Questa non è altro che la parte centrale della pianta di agave tequilana (agave blu). La piña possiede un elevato contenuto di inulina, un carboidrato che permette l’estrazione degli zuccheri utili ad iniziare il processo di fermentazione.
Il processo di produzione della tequila inizia con la raccolta dell’agave, ma successivamente si distingue in due tipologie diverse. Quello industriale e quello tradizionale.

Con il primo metodo l’agave blu (la piña) viene cotta a vapore fino ad un massimo di 36 ore in forno, ad una temperatura di 100°C oppure in autoclave sotto pressione ad una temperatura di 121°C, per un tempo nettamente inferiore a quello della cottura in forno (6 ore all’incirca).

Entrambi sono dei procedimenti indispensabili, atti ad ammorbidire le fibre ed a liberare diverse sostanze, nonché a trasformare i carboidrati complessi, chiamati fruttani, in carboidrati semplici, ovvero il fruttosio.

Va comunque sottolineato che il procedimento eseguito in forno conferisce al prodotto finale una qualità nettamente superiore per via della cottura più lenta. terminato il processo in forno, le piñas vengono triturate e la polpa che ne deriva, viene scartata ed utilizzata per altri scopi (mangime per animali, fertilizzante, carburante o utilizzata per la produzione di carta). Soltanto in alcuni casi, piccole quantità di questa polpa vengono aggiunte al succo di agave in fermentazione, in modo tale da donare al prodotto finito una più incisiva aroma di agave.

I processi di cottura e di successiva macinazione, portano alla produzione di un particolare liquido o succo che dir si voglia, chiamato aguamiel. Successivamente, tale liquido viene fatto fermentare in grandi recipienti di legno o acciaio e poi distillato. Da ciò, è possibile ottenere la tequila di prima scelta, detta tequila premium. Invece, aggiungendo all’aguamiel in fermentazione, altre sostanze ad elevato contenuto di zuccheri, come lo sciroppo di mais o di canna da zucchero, si ottiene la tequila mista, chiamata mixto. Ma come già detto in precedenza, la tequila mixto, per essere considerata tale, deve contenere almeno il 51% di aguamiel. Il processo di distillazione della tequila con il metodo industriale, si conclude in tempi molto brevi.

Il metodo tradizionale di produzione della tequila prevede più passaggi ed ovviamente tempi più lunghi. L’ammorbidimento delle piñas, avviene in particolari caldaie a vapore o in forni chiamati horno, per un tempo che va dalle 50 alle 72 ore circa, a temperatura variabile, compresa tra i 65°C ed i 90°C.Questo procedimento provoca la trasformazione dello zucchero.

A fine cottura, tutto viene lasciato raffreddare per un massimo di 36 ore. Dunque si procede con il triturare le piñas in dei mulini chiamati tahona. L’aguamiel ottenuto, in questo caso, viene filtrato e poi miscelato ad acqua in grandi contenitori. Al contempo, le fibre vengono anch’esse mescolate ad acqua, per estrarvi lo zucchero. Alla fine di tale procedimento si otterrà un succo di agave contenente il 12% di zucchero pronto per la fermentazione.

Quindi, dalla spremitura e separazione delle fibre si ottiene il mosto, ricco di lieviti già contenuti naturalmente sulle foglie della pianta, ma non estraibili, se non tramite tale procedimento. Tra i lieviti è possibile trovare lo stesso che di norma viene usato per la fermentazione della birra. Il processo di fermentazione può inoltre essere avviato utilizzando misture di fermentazione precedenti con la fermentazione in corso.

Detto ciò, la fermentazione del mosto viene effettuata in contenitori di acciaio o di legno, tenuti scoperti per un periodo che oscilla tra i 7 e i 12 giorni. Al termine della fermentazione si ottiene un vino con gradazione alcolica compresa tra il 5% ed il 7% e che dovrà essere lasciato riposare per 12 ore. La fase successiva prevede il passaggio di questo mosto, per ben due volte, in un particolare contenitore di rame, chiamato alambicco.

All’interno di questo contenitore, inizia la distillazione del vino ottenuto in precedenza, la prima volta viene cotto per 2 ore. Al termine della prima cottura, si ottiene un distillato chiamato ordinario, dalla gradazione alcolica compresa tra il 25% ed il 30%.

La seconda cottura, nuovamente in alambicco, avviene sempre per 2 ore di tempo e al termine, si prende la parte di distillato intermedia, chiamata el corazon (le parti restanti, chiamate testa e coda vengono eliminate), con gradazione alcolica del 55%.

Al termine di questa procedura la tequila, prima di essere imbottigliata, viene filtrata per mezzo di carboni attivi o filtri di cellulosa.

In alcuni casi i distillatori, per non mantenere la gradazione alcolica del distillato a percentuali molto elevate, aggiungono in fase di imbottigliamento, acqua demineralizzata, così da portare la percentuale di alcol a valori compresi tra il 38% ed il 43%.

Altri produttori, invece, per non aggiungere acqua al prodotto, preferiscono fermare la distillazione quando viene raggiunta la percentuale di alcol desiderata.

Per concludere, va detto che al termine della distillazione, la tequila è incolore. Le tipologie di tequila con colorazioni diverse, vengono da trattamenti che vanno oltre la sola distillazione, come il processo di invecchiamento in apposite botti o fusti di legno oppure, nel caso del mixto, grazie all’utilizzo del caramello.

Alcuni particolari aspetti della fermentazione e della distillazione

La fase della fermentazione è quella che risulta essere non del tutto controllabile dall’uomo. Come già detto, si tratta di un processo di trasformazione di zuccheri e carboidrati, ottenuto in condizioni aerobiche, grazie all’ausilio di lieviti. Inoltre, questa, avviene in ambienti non sterili, provocando un aumento dei batteri presenti nella tequila.

L’unica manovra che l’uomo può effettuare sulla fermentazione, è quella di accelerare o lasciare invariato tale processo.

L’andamento della fermentazione può essere accelerato tramite un particolare lievito, chiamato starter. Una volta aggiunto tale lievito al mosto in fermentazione, questa può completarsi nel giro di venti ore o tre giorni al massimo. Senza l’aggiunta dello starter, la fermentazione impiega fino a sette giorni per raggiungere il suo stadio finale.

La velocità di fermentazione assume una rilevante importanza ai fini del prodotto finale. Una fermentazione lenta è di gran lunga migliore, in quanto conserva nella tequila un numero maggiore di costituenti organolettici. Tali componenti, dipendono dal lievito utilizzato nella fermentazione, il quale trasforma gli zuccheri presenti in alcol, ovvero trasformando il glicerolo in alcol etilico.

Riguardo la distillazione, non va dimenticato che ne esistono due tipologie, ovvero la distillazione continua (applicata nel processo produttivo industriale) e la distillazione discontinua (messa in pratica nel processo produttivo tradizionale).

Dal primo processo si ottiene un distillato dall’aroma più intenso, ma di contro più neutro, rispetto ad una tequila ottenuta con distillazione discontinua.

La motivazione risiede nel fatto che in una distillazione continua, il punto di separazione di testa e coda del distillato, viene stabilito anticipatamente e non può subire variazioni. In una discontinua, invece, l’aroma conferito alla tequila è più intenso e riconoscibile. Ciò accade perché il distillatore agisce liberamente, nel senso che può variare la separazione delle teste e delle code tra un processo di distillazione ed un altro, in riferimento alla qualità della tequila che si vuole ottenere.

Inoltre, la distillazione discontinua, facendo parte di un processo produttivo, nettamente, più lento rispetto a quello industriale, lascia entrare nel distillato minime quantità di teste e code, derivanti dai diversi processi di distillazione. Questi quantitativi di teste e code, conferiranno al prodotto finito, consistenti aromi e svariate note di gusto, variabili da una qualità di tequila ad un’altra.

Le qualità di tequila

Una qualità di tequila si distingue in base alla quantità di agave utilizzata nel processo produttivo.

Essenzialmente, le qualità di tequila sono due. La prima, è chiamata semplicemente tequila. ad essa appartengono tipi di tequila prodotte con almeno il 51% di zucchero d’agave e per la restante parte, composte da zucchero di canna, di mais o di altra natura. Queste, come già accennato, vengono chiamate anche mixto, ma sull’etichetta della propria bottiglia riportano la semplice dicitura tequila.

La seconda qualità di tequila è la 100% agave. Una tequila pregiata, di prima qualità, che viene anche chiamata premium. Questa viene prodotta con solo zucchero di agave e sull’etichetta della bottiglia è riporta la dicitura 100% agave o anche 100% puro agave.

C’è da tenere ancora presente che la rigida politica messicana sulla produzione, sull’esportazione e l’imbottigliamento della tequila, vieta assolutamente che la 100% agave venga imbottigliata oltre i confini del Messico e per di più, ogni bottiglia, deve essere provvista di etichetta con la dicitura Hecho en Mexico, ovvero Fatto in Messico. Soltanto la tequila di qualità Mixto, può essere esportata in grossi contenitori ed imbottigliata fuori dallo stato messicano.

Le fasi d’invecchiamento ed i tipi di tequila invecchiata

Come per altre bevande alcoliche ottenute dalla fermentazione e distillazione, alcuni tipi di tequila subiscono un processo di invecchiamento che le rende qualitativamente migliori e più pregiate.

Se il prodotto finito che si vuole ottenere è la tequila bianca, allora il processo può considerarsi concluso subito dopo la distillazione.

Quando si vuole ottenere un prodotto diverso dalla semplice tequila non invecchiata, il prodotto distillato deve essere lasciato riposare in botti molto grandi, costituite da legni di alberi adatti alla conservazione del distillato di agave, per periodi di tempo variabili, a seconda del tipo di tequila invecchiata che si vuole ottenere.

A volte le botti utilizzate per l’invecchiamento, vengono acquistate usate. Alcune di queste hanno contenuto bourbon, sherry oppure cognac, per dare alla tequila aromi ancor più particolari.

Lo stato messicano di Jalisco, presenta un vasto elenco di produttori di tequila ed ognuno di essi adotta tempi di maturazione diversi nel processo di invecchiamento. Come sempre, ogni compagnia produttrice è tenuta ad osservare delle regole imposte dal governo messicano, nel processo di invecchiamento della tequila.

Entrando nei particolari, il processo di maturazione di una tequila prevede alcune trasformazioni chimiche della stessa. La prima è data dalla diminuzione del cosiddetto olio di flemma, che viene assorbito dai carboni presenti nel legno delle botti; in secondo luogo si ha il conferimento di specifici aromi da parte del legno delle botti alla stessa tequila; in terzo luogo, all’interno delle stesse botti, si verificano delle reazioni tra i componenti della tequila, che danno origine a nuovi composti chimici; infine si ha un’ossidazione del contenuto originale della tequila.

Queste trasformazioni portano ad un aumento della concentrazione di acidi, esteri ed aldeidi, conferendo il carattere invecchiato alla tequila.

In rapporto al tipo di invecchiamento, esistono quattro tipi di tequila:

La tequila blanco, ovvero quel tipo di tequila che non ha invecchiamento e che viene imbottigliata subito dopo la distillazione.

La tequila joven, cioè quel tipo di tequila dato dalla mistura di tequila blanco e tequila reposado o añejo (tipologie di tequila più invecchiate). La tequila joven, a volte può avere un gusto più morbido rispetto alle altre. Ciò è dato dall’aggiunta di ingredienti (in quantità molto ridotte) come il caramello, estratti naturali di quercia o sciroppo di zucchero.

La tequila reposado, è un tipo di tequila, che può avere un gusto morbido come la precedente. Questa tequila, solitamente viene fatta riposare in delle botti di legno di rovere, chiamate pipones. Il tempo stimato da passare nei fusti è compreso tra un minimo di due mesi ed un massimo di un anno. Il gusto morbido di cui si è appena detto, le viene conferito dal legno delle botti in cui riposa, lo stesso legno le dona anche un colore giallo pallido ed un profumo intenso. Questa tequila, più che essere considerata invecchiata, può definirsi riposata. La tequila reposado si può ottenere sia da normale tequila, che da tequila 100% agave. La reposado derivata dalla 100% agave prende il nome di Gran reposado. Questa tequila necessita riposare nelle botti di rovere per un periodo doppio rispetto alla normale reposado, ovvero da un minimo di quattro mesi ed un massimo di due anni.

La tequila añejo, viene fatta invecchiare i biotti di rovere per almeno un anno. Essa può essere realmente considerata invecchiata, a tal punto da essere chiamata anche tequila vintage. La tequila añejo, riceve dal legno delle botti in cui risiede, un gusto altamente raffinato, molto simile, se non uguale a quello di altri prodotti distillati con tempo di invecchiamento molto lungo. Come già detto, il tempo richiesto per l’invecchiamento è di un anno, ma esistono distillerie che preferiscono farla invecchiare anche per quattro o addirittura cinque anni.

La tequila extra añejo, è una tequila ultra invecchiata. Questo tipo di tequila viene fatta invecchiare in botti di rovere fino ad otto anni, tanto da assumere le caratteristiche di un brandy perdendo sempre più il gusto tipico di una tequila.

La tequila col verme.
Quella della tequila col verme, non è altro che una storia leggendaria riguardante alcuni tipi di tequila, contenenti un verme nel fondo della bottiglia. In realtà, non è mai esistito ne esiste tutt’oggi, alcun tipo di verme all’interno delle bottiglie di tequila. Soltanto alcuni tipi di mezcal ne contengono uno nel fondo della bottiglia. A tal proposito, c’è da dire che non si tratta di alcuna tradizione messicana, ma soltanto di una trovata di marketing, avviata intorno agli anni ’40, per invogliare maggiormente i turisti ad acquistare il prodotto. Oltretutto, quello che si trova all’interno di alcune bottiglie di mezcal, non è nemmeno un verme, ma soltanto una larva di falena che di norma vive sulle foglie della pianta di agave. Questa, viene anche venduta come cibo nei mercati messicani.

Come si beve la tequila

Di qualunque tipo di tequila si tratti, si ha sempre a che fare con un prodotto distillato raffinato, che va sorseggiato e gustato lentamente.

L’usanza tradizionale messicana, prevede di servirla (si parla della tequila blanco) a temperatura ambiente, in un piccolo bicchiere (solitamente di terracotta) della capacità di 6 cl chiamato caballito, accompagnata da un pizzico di sale messo sul dorso della mano tra pollice ed indice, insieme al succo di limone, succhiato direttamente da un suo spicchio. Il bicchiere va bevuto tutto d’un fiato, non prima di aver preso il pizzico di sale.

La tradizione di bere la tequila in questo modo, è considerata, per alcuni, un’usanza derivante dai film di Hollywood. Altri, invece, sostengono sia un metodo utilizzato da sempre.

Il perché di questa usanza, risiede nella produzione delle prime tequila (quelle prodotte con metodo artigianale), le quali avendo un sapore intensamente erbaceo ed un gusto alcolico persistente, potevano risultare non sempre gradevoli. Dunque, era compito del sale e del limone renderle più gradevoli.

Anche se la tradizione vuole che la tequila venga servita a temperatura ambiente, molti preferiscono berla fredda. Ad ogni modo, la temperatura fredda ed il caballito, possono essere adatti a tequila del tipo blanco o reposado.

Tipi di tequila come la añejo, necessitano essere gustate a temperatura ambiente ed in bicchieri del tipo ballon.

Inoltre, quando si beve una tequila più invecchiata, del tipo añejo, questa può essere accompagnata da spezie come la cannella, caffè in polvere, cacao amaro oppure zucchero di canna.

Un altro modo di gustare il distillato di agave, è in combinazione con altri ingredienti, ovvero nei classici cocktail a base di tequila.

I più famosi in cui è possibile trovarla sono: il Tequila Bum Bum, il Margarita oppure il Tequila Sunrise.

I piatti più adeguati alla tequila

Nonostante la tradizione voglia che la tequila venga sorseggiata senza alcun accostamento di cibi, in molti casi viene utilizzata come bevanda da abbinare ai più svariati piatti della cucina messicana e non solo. Infatti, grazie alla sua persistente aromaticità, esalta perfettamente i sapori e si abbina molto bene a peperoni, pomodori, cavolo, ma è anche ottima per la laccatura della carne, abbinandola a spezie piccanti.

Spesso per l’abbinamento con i cibi, vengono preferite le varietà di tequila più invecchiate, anche se è maggiormente diffuso l’utilizzo della tequila blanco, semplicemente perché non ha particolari alterazione di gusto, se non quello originale della pianta da cui proviene. Essa si abbina alla perfezione con pietanze a base di pesce, in quanto ne esalta particolarmente il sapore.

Una tequila più invecchiata come la reposado, essendo stata da due mesi fino ad un massimo di un anno nella sua botte di rovere, grazie al suo sapore fruttato ed alla sua morbidezza conferitagli dagli zuccheri dell’agave, si abbina in maniera impeccabile ai più svariati piatti di carne, come quelli di maiale o anche di vitello, inoltre si accosta perfettamente a pietanze con peperoni e cipolle.

Per quanto riguarda i dolci ed i dessert, l’accostamento è ottimo con pietanze contenenti miele, cannella e vaniglia.

La tequila añejo, invecchiata da 1 a 3 anni e dal sapore ricco e molto complesso, nonché affumicato, si sposa perfettamente con piatti di carni semplici e allo stesso tempo, dal sapore intenso, come il filetto di manzo mangiato semplicemente con condimento di sale e pepe.

Per finire, la tequila extra añejo con il suo invecchiamento minimo, di 3 anni in botti di legno di rovere, il suo aroma intenso ed un sapore decisamente delicato, è perfetta per essere gustata a fine pasto. Ad esempio, è ottima da gustare dopo cena, in combinazione con cioccolato e caffè. L’abbinamento al caffè ed al cioccolato, produce un insieme di piacevoli sapori, paragonabili a quelli di vini molto pregiati.

La tequila, come si è potuto vedere, è ottima da gustare da sola o in accostamento a diverse pietanze, dolci o salate che siano. Ma come ogni altro distillato, può essere anche la protagonista di alcune ricette di cucina.

Tra le tante, si trova quella del Pollo alla tequila, un piatto di origini messicane, non molto speziato e dal gusto delicato. Viene preparato con petti di pollo, tequila blanco per mantenere delicato il sapore del piatto, panna, cannella, origano, rosmarino ed ovviamente sale, pepe ed un filo d’olio di oliva.

Abbiamo fatti un quadro sulla tequila e sul mondo che le gita attorno. Ora conosci la sua storia ed i metodi di produzione, che ti aiuteranno a scegliere e gustare meglio la tequila in base all’utilizzo che ne farai.

Se hai trovato interessante l’articolo o pensi che possa tornare utile a qualcuno, condividilo sui social!
Se ha domande o vuoi dire la tua, ti aspetto nei commenti qui sotto.

Grazie,
Francesco

Newsletter

Termini e condizioni *